RSF si esprime sulla Fontana di RHO e il progetto per i detenuti Ecco l’articolo del Presidente Paolo Pastorello

23 Giu 2014 | Sotto News | Scritto da | 0 commenti

 

Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde

23 giugno 2014  – di Paolo Pastorello 

Carissimi colleghi, e per colleghi intendo tutti coloro che, come noi di RSF, hanno a cuore il patrimonio culturale e la tutela dei beni storici e artistici, la cui cura è stata loro affidata dai nostri padri, in qualità di discendenti ed eredi e non per un vago senso di appartenenza, ma in virtù di un principio profondamente etico e di un preciso dovere costituzionale, mi rivolgo a voi cogliendo l’occasione per dare ancora uno spunto di riflessione sul degrado istituzionale, culturale e ideologico che nel nostro martoriato Paese sta progredendo in modo dilagante.

 

L’ennesimo episodio eversivo nei confronti di qualsiasi, sia pur banale, politica della tutela, rappresentato dal “progetto di recupero” della fontana di Villa Burba a Rho, come evidenziato dal post del nostro vice presidente Alessandra Morelli, viene accolto con toni positivi e grande soddisfazione dalla stampa e dalle Istituzioni.

 

Il progetto, definito come “lavori il maquillage della fontana” fontana centrale collocata nel cortile d’ingresso della storica Villa Burba, sarà realizzato da operatori il cui percorso formativo consiste nell’essere “persone che hanno dovuto scontare una pena in istituti carcerari”. Appare evidente a chiunque che il restauro di un complesso monumentale nel quale sono inserite modanature, rilievi e sculture in pietra calcarea, collocate peraltro all’aperto e in più facenti parte di una fontana, ovvero di un contesto conservativo tra i più delicati, non può essere considerato un “trattamento di bellezza” e che la pulitura di una statua non equivale alla pulitura del pavimento di un’abitazione privata, ma neanche (lo capiscono proprio tutti!) di quella, per esempio, di un ospedale, la quale benché enormemente più semplice di un restauro (ma pur sempre un pavimento) impone protocolli e attenzioni che non possono non essere affidati esclusivamente a personale specializzato, con tanto di titoli ed esperienza pregressa. A chi questo non appare evidente? Solo, sembra, a chi progetta, approva, finanzia, e affida opere in ambito pubblico e istituzionale!! Un paradosso non da poco.

 

Ma come si spiega tutto questo? Dov’è lo Stato? Com’è possibile disattendere leggi e regolamenti attuativi, codici e procedure, requisiti obblifgatori talmente dettagliati e cavillosi che nel nostro paese ogni gara d’appalto dura mesi per il solo espletamento e che il 50% degli esiti viene impugnato, con ricorsi che durano anni?

A Rho, a parer mio, non si celebra il fine sociale, come dice l’assessore al verde pubblico e arredo urbano, Gianluigi Forloni, dell’“evidente recupero e della pulitura della fontana e della statua, e quello del reinserimento sociale e lavorativo”, ma la conferma ulteriore che la figura del Restauratore di Beni Culturale e il concetto stesso di conservazione sono oramai del tutto affossati e osteggiati in questo paese. E lo Stato sta a guardare.

Come nel celebre romanzo di Robert Louis Stevenson, TheStrange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, 1886, ci troviamo in una situazione schizofrenica.

Da una parte si sentono discorsi e promesse di politici e ministri sulla valorizzazione, sulla tutela e la riorganizzazione produttiva dei beni culturali, che dovranno essere protetti, consolidati, restaurati e adeguatamente conservati, comunicati e gestiti. Dall’altra si vedono scempi e proposte indegne di ogni genere contro i quali non c’è alcuna presa di posizione ufficiale: ricordate le varie proposte di far eseguire la manutenzione di chiese e musei a squadre di volontari non meglio qualificati che come persone disponibili a fare il lavoro dei restauratori gratuitamente? Con quali competenze? E che importa?! Basta fare propaganda…

 

Il ricorso proposto da RSF al volontariato nell’emergenza è la disponibilità a operare in ambito volontario che noi Soci di Restauratori Senza Frontiere offriamo in caso di calamità, ognuno nell’ambito delle proprie competenze specialistiche, coordinati in modo tecnico-scientifico dal nostro Comitato Direttivo, sentito il parere dal nostro Comitato Scientifico: esattamente l’opposto.

 

La figura ufficiale del Restauratore di Beni Culturali (termine coniato e normato all’interno dell’attività istituzionale e legislativa del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, oggi MIBACT) è ormai talmente disprezzata e considerata inutile che si arriva a concepire, come abbiamo visto, restauri di monumenti con personale inadeguato e volontario e si bandiscono gare pubbliche per restauri eccellenti in ambito edile (OG2, vedi il Colosseo, il Vittoriano, il Tempio di Antonino e Faustina, ecc.), scavalcando impunemente le prescrizioni legislative riguardanti l’ambito specialistico d’intervento, molto chiaramente normato e destinato ai Restauratori di Beni Culturali (OS2).

 

Ma, per tornare al Dottor Jekyll, il bipolarismo (che non è un termine politico ma un disturbo mentale) che pervade oramai il mondo del restauro non finisce qui: se da una parte si autorizza qualunque modo di intervenire sui nostri monumenti, dalla gente comune ai muratori (con risultati ovviamente disastrosi e spesso irrimediabili!) dall’altra, nella conduzione dei cantieri eccellenti, quelli dove sono coinvolte le grandi opere della nostra storia artistica, gli emblemi stessi della cultura figurativa italiana, l’atteggiamento è completamente diverso: si nominano, giustamente, grandi Commissioni Scientifiche, con gli esponenti nazionali e internazionali più accreditati, per garantire che si applichino le regole della grande tradizione del Restauro Italiano, che si approfondiscano le conoscenze sul monumento e si colga l’occasione di registrare ogni dettaglio sulle tecniche esecutive e sullo stato di conservazione, non trascurando di rispettare, eventualmente, anche i restauri del passato, in ossequio al principio brandiano del “restauro come momento di riconoscimento dell’opera d’arte”. Che ruolo ha il Restauratore di Beni Culturali in tutto questo? L’attuale legislazione prevede che il restauratore firmi il progetto, affiancando lo storico dell’arte, l’archeologo o l’architetto, nella definizione dello stato di conservazione, nel riconoscimento degli interventi precedenti e delle tecniche di esecuzione e nella messa a punto delle metodologie d’intervento. E invece non è cosi: il restauratore continua a essere, anzi sempre di più è visto come un mero esecutore, come un operatore senza testa pensante, senza cultura né artistica né tecnica: in ambito operativo, a cantiere aperto, con tanto di progetto esecutivo alla mano, incluse le metodologie accettate (e migliorate in sede di gara, vinta proprio in virtù di queste e in base ai richiesti CV eccellenti!) prevale ancora la diffidenza e il discredito del professionista restauratore e l’affossamento di tutta la categoria. Pertanto si richiedono in corso d’opera chiarimenti scritti su come saranno condotte le più banali operazioni (banali per noi, certo non per loro, che non hanno idea, tecnicamente, di cosa si parla, non essendo parte delle loro specializzazioni), quali, per esempio, gli interventi di consolidamento degli intonaci, e di specificarne i protocolli!

Certo, avendo oramai a che fare con le imprese edili, alle quali si consentono interventi in OG2 su superfici decorate millenarie, senza ombra di dubbio di ambito OS2, non c’è proprio più da fidarsi! La confusione è oramai totale: hanno voluto confonderci con le imprese edili e oramai sono tuti pervasi da angosciosi dubbi e incertezze.

 

Noi no. Noi sappiamo bene quanto delicate siano le superfici da restaurare, quanti anni di meticoloso studio e dedizione al lavoro richieda l’intervento su affreschi del 500 o su mosaici romani, su bronzi greci ritrovati in mare o vetrate istoriate del XII secolo. Noi sappiamo bene che il nostro lavoro deve necessariamente essere il lavoro di un team di specialistici e che le cautele non sono mai abbastanza. Ma non abbiamo l’ansia che vediamo oramai in chi ha perso la fiducia, in chi sa che purtroppo la situazione è tragica e che ci sono in giro una moltitudine di mine vaganti, pronte a scoppiare sui nostri monumenti eccellenti. Noi Restauratori di Beni Culturali rivendichiamo il nostro ruolo, nel team progettuale e operativo, in dialettica costruttiva con tutte le altre professioni specialistiche con un fine unico: tornare a una politica della tutela vera e consapevole che garantisca veramente la conservazione del nostro Patrimonio Culturale e del Patrimonio Mondiale.

 

E invece circolano voci insistenti, che sotto tutto questo, che dietro questa apparente sindrome bipolare, che dietro al Dottor Jekyll e Mr Hyde si celi ben altro che un disagio psicologico di massa. Girano voci di un disegno occulto per l’affossamento sistematico di tutto ciò che riguarda il nostro ingombrante e fastidioso patrimonio culturale.

 

Oggettivamente i nostri beni da tutelare sono immensi e la situazione italiana è unica la mondo, per quantità, qualità e diffusione territoriale dei beni storico artistici del nostro glorioso passato. C’è chi dice che tutto questo va contro lo sviluppo, che limita importanti operazioni commerciali, le grandi opere, lo sfruttamento economico dei terreni e delle aree archeologiche, che stanno ovunque. La nostra economia, che poteva essere orientata verso la tutela e la fruizione dei siti culturali e del paesaggio è invece orientata verso altri orizzonti commerciali e industriali.

 

In ossequio a desideri e regole dettate da gruppi di potere economico (le c.d. lobby, termine che viene da loggia e che si definisce come: un gruppo di pressione, ovvero un gruppo di individui non inseriti all’interno del sistema politico, dotato di una organizzazione formale basata sulla divisione funzionale dei compiti, che agisce in vista dell’affermazione dell’interesse particolare che ne ha causato la genesi esercitando la propria influenza su determinate decisioni politiche al fine di ottenere dei provvedimenti coerenti con l’interesse rappresentato) ai quali il nostro Patrimonio Culturale da solo fastidio e ne limita lo strapotere nelle costruzioni e nella gestione degli appalti, è in atto un’appassionatamente lotta contro le Istituzioni, contro i Beni Culturali e contro chi è fastidiosamente preposto dallo Stato alla sua conservazione materiale: i Restauratori di Beni Culturali.

 

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