Firmato il Decreto che equipara i titoli rilasciati dalle SAF. Cosa cambia ora per i restauratori? Laura Baratin risponde a Quotidiano Arte.it

15 Gen 2018 | Sotto News | Scritto da | 1 Commento

Finalmente ci siamo! Il lungo percorso per il riconoscimento dell’equipollenza del titolo di Restauratore diplomato presso le Scuole del MIBACT (le SAF – Scuole di Alta Formazione) al titolo di laurea LRM02, rilasciato dalle Università al termine del corso quinquennale a ciclo unico e conferente il diploma di laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali, si è concluso.
È il risultato dell’impegno costante e profondo dei diplomati SAF riuniti nell’associazione ORA (Organizzazione Restauratori Alta-formazione), costantemente sostenuti da RSF.
Il lavoro infaticabile di ORA, del suo CD, dei responsabili del Progetto, la condivisione degli obiettivi e la disponibilità collaborativa di Laura Baratin, in quanto Membro del Commissione Nazionale MIBACT-MIUR per l’Accreditamento dei Corsi di Conservazione e Restauro, ha consentito di concludere felicemente un iter legislativo, avviato a marzo 2015 con la costituzione di ORA, con la firma congiunta di Dario Franceschini, Ministro per Beni e le Attività Culturali e del Turismo, e Valeria Fedeli, Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.
La testata giornalistica Quotidiano Arte.it pubblica un articolo che, attraverso una lunga intervista alla prof. Laura Baratin, riepiloga e chiarisce approfonditamente la storia e i termini del decreto di equiparazione.

Paolo Pastorello – Presidente di RSF Italia


Da Quotidiano Arte – Domenica 14 gennaio 2018

 

Prof. Baratin*, nelle scorse settimane il Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, e la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli hanno firmato il decreto che conclude il percorso di equiparazione dei diplomi rilasciati dalle scuole statali di restauro (le SAF Scuole di Alta Formazione): può spiegarci cosa cambia ora rispetto al passato e quale saranno le prospettive di lavoro nel futuro prossimo per i professionisti del restauro?

Il 20 dicembre 2017 la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli e il Ministro per i beni e le attività culturali e del turismo, Dario Franceschini hanno firmato il decreto per l’equiparazione dei diplomi rilasciati dalle Scuole di Alta Formazione e di Studio dell’Istituto Centrale per il Restauro, dell’Opificio delle Pietre Dure, della Scuola per il restauro del mosaico di Ravenna e dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro al diploma di laurea magistrale a ciclo unico in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali – Classe LMR/02 secondo il DM del 2 marzo 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 giugno 2011. Il D.I. n. 564 del 20/12/2017 è stato trasmesso agli organi di controllo per la sua successiva registrazione, secondo il consueto iter legislativo. Con questo atto tutti coloro che sono in possesso del diploma conseguito prima del 2009 ed in possesso del diploma di scuola media superiore, sono finalmente equiparati alla laurea magistrale a ciclo unico in conservazione e restauro dei Beni Culturali. Si è completato dunque un percorso per il riconoscimento di un titolo di studio, da non confondere con la qualifica professionale che riguarda altri aspetti, parliamo dell’articolo 182 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e successive modificazioni, concernente la disciplina transitoria del conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore di beni culturali e di collaboratore restauratore, di cui sono ben note tutte le vicende e che non ha nulla a che vedere con i titoli di studio. Come affermato dai due ministri questo decreto rappresenta la conclusione di un percorso importante riconoscendo “il valore dell’alta formazione culturale di qualità in tutte le sue declinazioni” e, in particolare, il percorso formativo fornito dalle scuole del MiBACT nel restauro, modello per tutte le istituzioni che sostengono questo rilevante settore formativo, quali Università, Accademie e alcuni Enti privati. Rispetto al passato si può dire, sia un atto dovuto che riconosce, il merito ai diplomati delle Scuole statali del MiBACT che tanto hanno contribuito alla diffusione del restauro a livello nazionale e internazionale. Rispetto al futuro per le prospettive di lavoro non cambia nulla, perché il titolo di studio non entra nel merito della qualifica professionale, che rimane un ulteriore passaggio regolato da una disciplina transitoria, iter che tutti auspichiamo prima o poi possa arrivare ad una conclusione. Si fa notare, infatti, che in attesa della fine di questa transitorietà, anche i giovani laureati nella classe LMR/02, che ormai sono più di 500, sia che provengano dalle SAF, dalle Università o dalle Accademie, pur avendo una laurea abilitante ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004, non compaiono in nessun elenco del MiBACT e quindi non sono ancora riconosciuti come professionisti. Nei requisiti dei concorsi, quando sono richiesti i titoli di studio, già ora compare “un’equiparazione” tra la laurea della nuova classe e i diplomi delle Scuole del MiBACT, quindi non c’è un cambiamento significativo legato agli aspetti lavorativi e professionali, maeto, è più un gius riconoscimento del valore del percorso formativo svolto nel passato. Ad oggi le istituzioni accreditate dalla Commissione MiBACT-MIUR che preparano i restauratori, sono ormai più di 27 su tutto il territorio nazionale e la docenza, per i laboratori di restauro, è nella maggior parte dei casi docenza a contratto, secondo determinati requisiti stabiliti dall’art.3 del DM n. 87 del 2009, ma senza nessuna stabilità, né prospettive a lungo termine, né tanto meno possibilità di sviluppare ricerca all’interno delle istituzioni in cui viene coinvolta se non in termini del tutto casuali. Si fa notare che in questi corsi circa un terzo dei crediti formativi (mediamente 100 sui 300 richiesti alla fine del ciclo quinquennale) riguardano proprio le attività di restauro con un monte ore nettamente superiore alla parte strettamente teorica. A questo proposito, in una prospettiva futura, utile alla formazione in questo settore, così importante per la salvaguardia del patrimonio culturale, questo riconoscimento potrebbe essere considerato come uno degli elementi caratterizzanti per la definizione del ruolo della docenza professionalizzante, con la creazione di un settore disciplinare adeguato, attualmente mancante.

Il percorso che ha portato a questo importante risultato, è durato diversi anni; sicuramente un’attività complessa che solo un buon gioco di squadra, della quale lei è stata parte attiva, può aver reso possibile il raggiungimento del risultato. È così? Chi sono stati i componenti della squadra e che ruoli hanno ricoperto?

Il percorso che ha portato a questo importante risultato, in questi ultimi anni, è partito da un convegno organizzato da Nardini Editore a Firenze nel maggio 2014, dove alcuni ex-allievi appartenenti ad una lista dei diplomati dell’OPD-ICR mi chiesero un incontro per affrontare il problema del riconoscimento del titolo acquisito negli storici istituti. Il mio consiglio fu di produrre i piani di studi per poter impostare un lavoro di comparazione tra i vecchi percorsi e la nuova classe di laurea per fornire agli uffici competenti del MIUR gli elementi per valutare una possibile equiparazione. Sempre alla fine del mese di maggio 2014 la allora Soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, mi chiese di seguire la richiesta di questi restauratori, mediante un esame analitico dei corsi effettivamente seguiti in aula, in laboratorio, in cantiere, per dimostrare l’esistenza di requisiti formativi effettivamente equiparabili, auspicando un esito positivo alla fine di questa fase analitica. Nel marzo del 2015 nasce l’Associazione ORA Organizzazione Restauratori Alta-formazione, che pone l’equiparazione del titolo come uno degli obiettivi principali della propria costituzione. ORA nella XXII edizione del Salone del Restauro di Ferrara nello spazio gestito dalla rivista Kermes riprende il dibattito su queste problematiche in un incontro dal tema: “Riflessioni sul profilo di esperto nel restauro di Beni Culturali. Conoscenze ed abilità” con vari relatori rappresentanti delle diverse istanze legate alla formazione e alla professione. Nuovamente in quell’occasione fu ribadita la necessità di un documento tecnico da esibire per l’equiparazione dei titoli. ORA ha poi intrapreso una strada di sensibilizzazione politica, che ha coinvolto numerose personalità interne ed esterne ai due Ministeri e che è servita a mantenere il dibattito sempre vivace e aperto, così il successo è stato possibile, dopo varie istanze presentate, interrogazioni parlamentari ed incontri, grazie a un lungo e meticoloso lavoro di confronto fra monte ore e contenuti didattici dei nuovi e vecchi corsi. Il lavoro di comparazione con i contenuti del DM 2 marzo 2011, assolutamente necessario per ottenere l’equiparazione presso il MIUR e mai prodotto finora, è stato svolto dalle restauratrici Nanni Molè, Daphne De Luca, e Debora Minotti, rispettivamente nel ruolo di vice-presidente e consiglieri dell’Associazione ORA, per quanto riguarda i corsi dell’Istituto Centrale per il Restauro, dell’Opificio delle Pietre Dure e della Scuola per il restauro del mosaico di Ravenna dalle origini fino al 2009 e per quanto riguarda l’Istituto Centrale per la Patologia del Libro ha visto la collaborazione dell’Istituto stesso e del restauratore Paolo Crisostomi per arrivare alle tabelle comparative sintetiche. Il tutto è stato poi da me verificato e aggiornato secondo quanto disposto dalle tabelle della rispettiva classe di laurea e infine gli schemi sono stati allegati alla lettera inoltrata il 9 maggio 2017 al Capo del Dipartimento per la Formazione Superiore e la Ricerca del MIUR a cui è stato illustrato il lavoro di comparazione e ne sono state chiarite le diverse istanze. Il lavoro successivo degli uffici legali competenti dei due Ministeri, ha portato alla firma congiunta del decreto alla fine del 2017. Per questo risultato i restauratori possono ringraziare, naturalmente, l’Associazione ORA che è stata il portavoce di questa istanza con un lavoro costante, tenace e continuo e anche tutte le persone che hanno, a vario titolo e in modo più o meno palese, collaborato e sostenuto questo percorso in un complesso lavoro di squadra, tra diverse competenze all’interno e all’esterno dei due ministeri coinvolti.

Che tempi prevede possano essere necessari per la “messa in pratica” del provvedimento ed i conseguenti effetti? Ci sono categorie di restauratori che potrebbero essere invece penalizzate?

La “messa in pratica” del provvedimento dipende dalla tempistica degli organi di controllo e dalla sua registrazione e gli effetti porteranno i diplomati delle Scuole del MiBACT prima del 2009 ed in possesso del diploma di scuola media superiore ad avere una laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. L’equiparazione del titolo di studio prevede, secondo il MIUR, che ci sia una equivalenza fra uguali livelli di istruzione con contenuti didattici e percorsi formativi che possano essere comparati per cui non ci sono categorie di restauratori che potrebbero essere penalizzate rispetto al titolo di studio a meno che non possano dimostrare quanto l’equiparazione prevede. Vale la pena nuovamente ripetere che l’aspetto legato alla qualifica professionale non riguarda i titoli di studio. * Laura Baratin è Professore Associato all’Universita’ degli Studi di Urbino. Membro della Commissione Nazionale MiBACT-MIUR per l’accreditamento dei Corsi di Conservazione e Restauro. Presidente del Comitato Nazionale delle Lauree in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Presidente della Scuola di Conservazione e Restauro

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1 Commento

  1. Reply

    BISOGNA ANCHE DARE AI TECNICI DI RESTAURO CON TITOLI QUADRIENNALI LA EQUIPARAZIONE A TITOLO DI LAUREA TRIENNALE IN CONSERVAZIONE E RESTAURO BENI CULTURALI COME ATTO DOVUTO
    PURCHE’ I TITOLI POSSEDUTI SIANO NEL QUADRIENNIO VIDIMATI DA UN SOPRINTENDENTE AI BENI CULTURALI

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